L’alba ed il tramonto, questi sono i riferimenti
temporali che accompagnano il mio esistere.
La mia è una scelta di vita che somiglia alla clausura, ma non ha nulla
di religioso. Ascoltare la natura, il silenzio di cui soltanto lei è capace,
oppure sentirla raccontare storie di viaggi ed avventure che, grazie ad anni di
esercizio, io riesco a interpretare tra il soffio teso della brezza di
maestrale ed il frangersi carezzevole della risacca sugli scogli. Certe volte è
arrabbiata e mi urla, allora è burrasca che quando vuole sfida fino
all’inverosimile le opere umane e mi fa sentire piccolo, indifeso, ma mai solo.
La solitudine non mi appartiene, specie di notte, quando il cielo è pieno di
stelle o quando il tempo è cattivo ed il buio è totale, proprio allora io servo
e rappresento una sicurezza per gli altri. Sono uomini duri quelli che hanno
scelto di affrontare l’immensità e la potenza del mare ma, come dei bimbi, nel
buio mi cercano e a volte mi parlano. Ecco la radio gracchia, aggiusto un
pochino la frequenza ed allora sono storie vere, racconti di lavoro e di
sofferenza, di paura e di amicizia. Qualcuno, in inglese, mi dice della sua
donna, bellissima e fedele, qualcun altro racconta di un figlio lontano,
partito per una guerra inutile e prega il supremo di poterlo riabbracciare.
Io ci sono, ascolto, e quasi sempre rimango silenzioso, tanto lo so, c’è la
luce del mio faro che parla per me
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