Vita lunga! Così sta scritto sulla mia tsuba. L’augurio è
quasi una beffa. Già!… vita lunga… in questo momento avrei dovuto accettare una
morte veloce, o forse la lenta agonia che segue l’harakiri. Il mio Daimyò è
caduto, le sue terre sono state espropriate, le concubine sono state divise tra
i vincitori, i suoi figli sono stati massacrati. La politica di uno shogun
paranoico ha portato all’annientamento di un’intera dinastia e alla distruzione
di un feudo. Ero il migliore, quando il mio maestro mi accettò nel suo dojo fui
l’unico a superare la prova più difficile; egli mi lasciò in attesa fuori dalla
sua porta per una settimana. Di giorno rimanevo fermo in seiza con le ginocchia
e le anche che sembravano diventare di legno, di notte, invece, cercavo
qualcosa da mangiare e mi dissetavo con la neve caduta. Un mattino capii che
era giunto il giorno dell’esame; nessuno mi chiamò, nessuno mi invitò ad
entrare, notai solo che la porta della scuola era rimasta socchiusa, mi
avvicinai tenendo la mano destra sull’impugnatura della spada, pronto a
qualsiasi evenienza. Dall’interno del dojo non proveniva nessun rumore, stavo
per aprire la porta quando il mio kì mi bloccò, restai per un attimo con il
fiato sospeso poi, rapido come una volpe, agii; mi tolsi le armi e le posai per
terra accanto all’ingresso, spostai lentamente con un piede la porta, il legno cigolò,
poi con molta attenzione misi dentro un braccio disteso verso l’alto a
cercare…eccolo!... Incastrato appena sopra la mia testa. Era un prezioso vaso
cinese che il maestro aveva messo a guardia della mia irruenza e che il mio
sesto senso aveva individuato. ” Ero
certo che l’avresti rotto! Sei veramente bravo! Entra, bevi con me una tazza di
tè caldo…”L’anziano Sensei mi guardava, sorridendo sotto la folta barba
bianca:” Mio figlio Kazuo, anni fa, riuscì a frantumare un prezioso vaso ming
estraendo la spada e colpendolo prima che toccasse terra; ma tu ti sei tolto le
armi prima di entrare nella mia casa… molto bene! Il mio allievo prediletto
Saburo, invece, entrò deciso e con molta calma riuscì ad afferrare il vaso
prima che andasse in frantumi… tu invece… hai usato la mente, sarai un ottimo deshi.
Adesso finisci il tè, e poi… usa le braccia stavolta, le ramazze sono in quello
sgabuzzino, il dojo deve brillare di pulito.” Dieci anni trascorsero, veloci
come il battito d’ali di una tancho, finalmente le due spade, il simbolo del
mio rango; ero un Samurai, non avrei mai
più tagliato i miei capelli, nè disonorato il bushido. Vita lunga…così è
scritto sulla mia tsuba; adesso ho gettato via le altre armi, la katana mi
basterà, ormai sono solo un Ronin…
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