domenica 22 marzo 2015

Il destino di un cavaliere


Vita lunga! Così sta scritto sulla mia tsuba. L’augurio è quasi una beffa. Già!… vita lunga… in questo momento avrei dovuto accettare una morte veloce, o forse la lenta agonia che segue l’harakiri. Il mio Daimyò è caduto, le sue terre sono state espropriate, le concubine sono state divise tra i vincitori, i suoi figli sono stati massacrati. La politica di uno shogun paranoico ha portato all’annientamento di un’intera dinastia e alla distruzione di un feudo. Ero il migliore, quando il mio maestro mi accettò nel suo dojo fui l’unico a superare la prova più difficile; egli mi lasciò in attesa fuori dalla sua porta per una settimana. Di giorno rimanevo fermo in seiza con le ginocchia e le anche che sembravano diventare di legno, di notte, invece, cercavo qualcosa da mangiare e mi dissetavo con la neve caduta. Un mattino capii che era giunto il giorno dell’esame; nessuno mi chiamò, nessuno mi invitò ad entrare, notai solo che la porta della scuola era rimasta socchiusa, mi avvicinai tenendo la mano destra sull’impugnatura della spada, pronto a qualsiasi evenienza. Dall’interno del dojo non proveniva nessun rumore, stavo per aprire la porta quando il mio kì mi bloccò, restai per un attimo con il fiato sospeso poi, rapido come una volpe, agii; mi tolsi le armi e le posai per terra accanto all’ingresso, spostai lentamente con un piede la porta, il legno cigolò, poi con molta attenzione misi dentro un braccio disteso verso l’alto a cercare…eccolo!... Incastrato appena sopra la mia testa. Era un prezioso vaso cinese che il maestro aveva messo a guardia della mia irruenza e che il mio sesto senso aveva individuato.  ” Ero certo che l’avresti rotto! Sei veramente bravo! Entra, bevi con me una tazza di tè caldo…”L’anziano Sensei mi guardava, sorridendo sotto la folta barba bianca:” Mio figlio Kazuo, anni fa, riuscì a frantumare un prezioso vaso ming estraendo la spada e colpendolo prima che toccasse terra; ma tu ti sei tolto le armi prima di entrare nella mia casa… molto bene! Il mio allievo prediletto Saburo, invece, entrò deciso e con molta calma riuscì ad afferrare il vaso prima che andasse in frantumi… tu invece… hai usato la mente, sarai un ottimo deshi. Adesso finisci il tè, e poi… usa le braccia stavolta, le ramazze sono in quello sgabuzzino, il dojo deve brillare di pulito.” Dieci anni trascorsero, veloci come il battito d’ali di una tancho, finalmente le due spade, il simbolo del mio rango;  ero un Samurai, non avrei mai più tagliato i miei capelli, nè disonorato il bushido. Vita lunga…così è scritto sulla mia tsuba; adesso ho gettato via le altre armi, la katana mi basterà, ormai sono solo un Ronin…

Nessun commento:

Posta un commento