La cosa più triste della vecchiaia è non prenderne atto,
cioè non essere in grado di percepire come gli altri ti vedano. Nel mio caso,
più che di vecchiaia si tratta di mezza età, un eufemismo per dire che non sei
ancora decrepito. Il tempo che ho trascorso
a vivere ha eliminato quell’insicurezza giovanile; l’esperienza, altro termine triste, indicativo dei
fallimenti vissuti, mi fa più persona, mentre dentro mi sento ancora alla
ricerca del momento, di quell’attimo entusiastico che è della gioventù. E’
chiaro, e a me lo è già da tempo, che tutta questa aspettativa per qualcosa
che, probabilmente e fortunatamente, non arriverà mai più, mistifica in me ciò
che realmente appaio, e cioè, nella migliore delle ipotesi, un simpatico
rompicoglioni anziano, con pochi capelli e quell’aspetto trascurato che quando
eri ragazzo indicava la tua spensieratezza, ma che adesso ti fa sembrare appena
scappato da un ospedale psichiatrico. Con i giovani mi piacerebbe condividere qualche
pezzo di strada ma loro mi guardano male, hanno altro per la testa, e
soprattutto non vedono il motivo per cui dovrebbero rallentare il loro ritmo.
Io, da parte mia, potrei farcela per un po’, dare fondo alle ultime energie,
tirare fuori un ultimo sprazzo di vigore, ma poi… credo che, prima di rendermi
irrimediabilmente ridicolo, dovrei trovare il coraggio di fermare le macchine;
non si tratterebbe di andare in disarmo, quello mai! Mi metterei nascosto da qualche parte della via e
attenderei che il meno esperto di loro, quello a cui la vita non ha ancora dato
dure lezioni, magari affamato, passasse e si fermasse un attimo a riposare. Ovviamente
io, seguendo i consigli di un mio amico bracconiere, avrei già sparso all’uopo
dell’ottimo becchime, preparato le reti e allestito una pozza con l’acqua, il malcapitato
non avrebbe idea di quello che l’aspetta in seguito.
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